Insufficienza venosa cronica: nuove tecniche operatorie

L’insufficienza venosa cronica (IVC) degli arti inferiori colpisce dal 35 al 40% della popolazione occidentale con una prevalenza per i soggetti di sesso femminile.

La patologia è caratterizzata da un corredo sintomatologico ampio che va da situazioni di totale asintomaticità e di disturbo squisitamente estetico, passando per quadri di moderata entità con sensazione di pesantezza, gonfiore e dolori crampiformi dell’arto interessato fino ad alterazioni cutanee più o meno permanenti costituite da discromie cutanee, eczemi, quadri flogistici cronici dei tessuti definiti dermo-ipodermiti e ulcere.

Il costo della patologia è notevole sia in termini di benessere del singolo paziente che in termini economici, intesi come necessità di trattamenti prolungati e di inabilità e perdita di produttività da parte del paziente. Numerose pubblicazioni sull’argomento concordano nell’affermare che ad esempio negli Stati Uniti, il costo stimato della patologia varicosa arrivi a 3 bilioni di dollari per anno.

Negli ultimi 15 anni si è assistito a una progressiva evoluzione in termini di trattamento e le tecniche endovascolari mininvasive si sono affiancate alla tradizionale chirurgia “a cielo aperto” di stripping e/o legatura delle safene, tanto da diventare le tecniche di scelta con indicazioni sempre più ampie e risultati sempre migliori.

Il team flebologico della casa di cura Salus, composto dalla dr.ssa Barbara Ziani e dalla dr.ssa Tiziana Ciutto che opera nell’ambito della Unità di Chirurgia diretta dal dr. Fabrizio Briganti-Piccoli, offre oltre all’intervento tradizionale la possibilità di termo ablazione del sistema safenico tramite luce laser (EVLA) e l’ablazione chimica tramite l’utilizzo di n-butyl-2-cianoacrilato (NBCA), comunemente chiamato “colla”.

Entrambe le tecniche prevedono l’ingresso del catetere erogante per puntura diretta o per mini isolamento della vena nel punto prescelto e la sua progressione fino in prossimità del punto di giunzione tra il sistema safenico e il circolo venoso profondo, le cosiddette crosse safeno femorale per la vena grande safena (VGS) e crosse safeno poplitea per la vena piccola safena (VPS). La tecnica prevede quindi il rilascio della luce laser o della colla durante la manovra di estrazione del catetere stesso. Nel caso della luce laser l’erogazione è preceduta dalla cosiddetta “tumescenza “che consiste nella prevenzione dalla propagazione del calore prodotto dal laser alle strutture circostanti la vena. Questa manovra prevede l’inoculazione di soluzione salina fredda lungo tutto il decorso della vena da trattare.

Ambedue le tecniche vengono eseguite con anestesia spinale o anestesia locale associate o meno a sedazione e prevedono il costante monitoraggio tramite utilizzo dell’Eco Color Doppler.

Gli interventi vengono eseguiti in regime di Day Surgery e, al contrario dell’intervento di stripping, la compressione post procedurale con calza elastica non è mandatoria anche se preferibile e può essere limitata a un periodo più breve, ulteriori vantaggi  rispetto alla tecnica tradizionale riguardano ovviamente la minor invasività, la minor possibilità di sviluppare ematomi/infezioni del sito chirurgico e la ripresa più rapida della routine quotidiana.